Amiamo le certezze, gli schemi ricorrenti e spesso crediamo di poter controllare tutto. Ma non è così.
Il ricercatore americano David DiSalvo ha raccolto nel libro Cosa rende il tuo cervello felice e perché devi fare il contrario (Bollati Boringhieri) decine di studi e ricerche che spiegano il nostro comportamento. La sua teoria è semplice: il nostro cervello ama la stabilità, la coerenza e la chiarezza. Peccato che tutto ciò sia nemico dell’evoluzione umana, in quanto ci impedisce di esplorare nuove possibilità e ci condanna a perpetrare comportamenti autodistruttivi. «Tutti noi ci affidiamo in continuazione a copioni e stereotipi, sfruttandoli come efficaci scorciatoie per risparmiare tempo ed energie mentali», scrive DiSalvo. «Scorciatoie che possono alterare la nostra capacità di giudizio.»
Perché ci innamoriamo di chi ci respinge? Perché tendiamo a procrastinare, prolungando così il nostro disagio con ansia e trepidazione? Perché crediamo di avere sempre il controllo della situazione? DiSalvo lo spiega facendo ricorso a una vasta letteratura scientifica, fatta di studi universitari (perlopiù americani). Fino a offrire 50 “soluzioni cognitive” ai nostri problemi. E anche se molti studi sono stati condotti su una scala troppo piccola per essere ritenuti definitivi, i risultati sono comunque interessanti. Eccone alcuni.
1. Certezze
Il nostro cervello ama la stabilità. L’incertezza costituisce una minaccia: man mano che aumenta, si attiva l’amigdala (risposta alla minaccia) e diminuisce l’attività dello striato ventrale (risposta di ricompensa). Per il cervello è una condizione di malessere.
2. Chiusura cognitiva
La ricerca di certezze può portarci a diventare intransigenti, ad assumere una posizione e a tenerla anche se arrivano prove che confutano le nostre credenze. Gli psicologi la definiscono “chiusura cognitiva”: ma secondo uno studio di un team di psicologi tedeschi e italiani, gli individui meno sensibili al bisogno di chiusura cognitiva riescono a risolvere i problemi meglio della loro controparte.
3. Schemi
La mente ama gli schemi ricorrenti (esempio: lo schema dell’estate a base di mare, caldo, vacanze). E quando a uno schema manca un elemento, tendiamo a mettercelo noi, come spesso accade nelle illusioni ottiche.
4. Controllo o illusione?
Abbiamo anche la tendenza a credere di aver il controllo su tutta una serie di cose che in realtà ci sfuggono, come per esempio l’uscita di numeri favorevoli al casinò o alla lotteria, fino a credere di avere una strategia efficace che ci farà vincere. Per gli psicologi non è che illusione del controllo.
5. Occasioni
Il cervello si è evoluto prendendo decisioni nel mondo reale, cercando di prevedere minacce e ricompense immediate. Risultato: abbiamo una certa difficoltà a vederci proiettati nel futuro. Quando questo aspetto si somma al desiderio di una ricompensa immediata non è sempre un bene: possiamo cadere nelle trappole dei venditori che ci propongono occasioni “da prendere al volo”.
6. La testa tra le nuvole
Il mind wandering, ovvero trascorrere le ore di veglia con la testa tra le nuvole, secondo DiSalvo riguarderebbe il 30/50% di noi. Ma il cervello è in grado di assimilare informazioni anche in modalità automatica, e persino di risolvere problemi. Si tratta di una importante funzione adattativa (che però non va assecondata troppo).
7. Identità
Abbiamo a disposizione delle identità secondarie, distinte da quella che occupa la maggior parte delle ore di veglia. Questo spiega per esempio il successo dei giochi di simulazione (online e offline).
8. Surrogati
Alcune ricerche condotte dall’Università di Buffalo, negli Usa, hanno analizzato l’ipotesi secondo la quale spesso usiamo le tecnologie (tv, internet ecc.) per provare un sentimento di appartenenza che la vita reale non riesce sempre a soddisfare. Una sorta di “vaccino digitale”. Dai risultati di un esperimento, gli studiosi di Buffalo hanno compreso che un programma televisivo di nostro gradimento può funzionare persino come protezione dal crollo dell’autostima e dal sentimento di abbandono che seguono la fine di una relazione.
9. Bisogni emotivi
Secondo lo psicologo John Cacioppo, la solitudine non dipende dal numero di persone che abbiamo intorno, ma dall’incapacità di ottenere dagli altri ciò di cui abbiamo bisogno emotivamente. Ecco perché ricorriamo a personaggi virtuali per l’appagamento dei nostri bisogni. E più ci affidiamo a loro, più il nostro cervello li ritiene “rilevanti”, sebbene non siano reali (o non abbiamo con loro rapporti nella realtà). «Siamo animali guidati dal bisogno e cerchiamo la via meno ardua per ottenere ciò che ci serve», scrive DiSalvo, «in qualunque forma ci si presenti, e l’immersione nella dimensione digitale ci fornisce la via più agevole che (droghe a parte) sia mai stata inventata.»
10. Chi disprezza…
Uno studio pubblicato nel 2012 sulla rivista Psychological Science ha dimostrato che se il desiderio di qualcosa (o qualcuno) viene frustrato, inizieremo a provare emozioni negative verso di esso. Il che non significa un rifiuto: piuttosto cercheremo di ottenere la cosa (o la persona) desiderata anche se non ci interessa più. Secondo DiSalvo «è un’esperienza che tutti conosciamo bene: se desideriamo una cosa ma non riusciamo a ottenerla, allora la vogliamo».